Mortadella di fegato, storia e caratteristiche
La mortadella di fegato è un insaccato caratteristico delle zone di Pavia, Mantova e Como, con una significativa storia alle spalle e un metodo di produzione molto tradizionale.
È un prodotto tipico della Val d’Ossola e delle province di Pavia, Mantova e Como. Questo insaccato, preparato con carni miste di suino, può essere consumato sia crudo che bollito, secondo ricette e varianti differenti. La mortadella della Val d’Ossola è poi un prodotto che rientra sotto il presidio Slow Food. Ma quali sono i metodi di realizzazione di questo insaccato? E quale la sua storia?
La storia della mortadella di fegato
Conosciuta anche come mortadella della Val d’Ossola o ossolana, è presente da almeno il XVII secolo nel territorio italiano, come dimostrano alcuni documenti dell’epoca. Contestualmente però, ci sono testimonianze dell’esistenza della mortadella stagionata anche in Ticino, come dimostra un atto che decreta la tassa su alcuni oggetti di salsamenteria, fra cui rientrava appunto la “Mortadella buona e ben stagionata”.
La mortadella della Val d’Ossola veniva all’epoca consumata non solo stagionata, ma anche fresca. In un’inserzione del XIX secolo poi, si trova un metodo per i salumieri per cuocere le mortadelle, che prevedeva la cottura delle stesse in acqua.
Ma la mortadella di fegato non veniva preparata soltanto dai salumieri, ma anche dai privati nel giorno della mattanza del maiale.
La mortadella di fegato o della Val d’Ossola non deve trarre in inganno per il suo nome: pur essendo un insaccato, questo prodotto non è una vera e propria mortadella, bensì un salame.
Questo dipende dal fatto che il termine mortadella deriva dal mortaio, a indicare la carne pestata e sminuzzata con tale strumento. La norcineria tradizionale non ha voluto abbandonare questa consuetudine, e spesso quindi i prodotti hanno mantenuto questa nomenclatura anziché la più popolare dicitura di “salame”.
Il territorio della Val d’Ossola, area di confine fra Piemonte, Lombardia e Svizzera, possedeva e possiede tutt’ora un’antica tradizione norcina, di cui erano celebri soprattutto i maiali, allevati allo stato brado che venivano portati nelle malghe con un anello al naso.
Come si produce e come consumarla?
Viene prodotta in quantità minime da pochi artigiani. È costituita da carni crude di suine, a cui viene aggiunto al massimo il 5% di fegato e, in alcuni casi, del vino tiepido insaporito con spezie.
Il tutto viene insaccato dentro al budello del maiale, e fatto stagionare per circa due mesi.
Il prodotto così realizzato assume un gusto deciso, ideale per essere mangiato a fette accompagnato dal pane nero locale di Coimo. Quando è fresca può essere lessata e servita con patata, oppure cotta nel forno e accompagnata da polenta asciutta.
Se si decide di recarsi nella zona di produzione, potrà essere consumata insieme al Prunent, un vino rosso ricavato dall’omonimo e raro vitigno locale.